ROMA - In anteprima su ChronicaLibri un estratto del nuovissimo romanzo scritto da Nora Roberts e pubblicato da Leggere Editore. "Il letto di rose" è il secondo episodio della serie Il quartetto della sposa, che ha già conquistato il cuore di centinaia di migliaia di lettrici nel mondo.
1
I dettagli le affollavano la mente, molti in modo confuso,
Emma controllò l’agenda degli appuntamenti mentre prendeva
la prima tazza di caffè. Le consulenze consecutive le davano
la stessa carica della forte miscela zuccherata. Assaporandola, si appoggiò allo schienale della sedia nel comodo ufficio per leggere le annotazioni che aveva aggiunto a margine dei dati di ogni cliente.
Nella sua esperienza, la personalità della coppia – o spesso, più precisamente, della sposa – la aiutava a determinare il tono della consulenza, la direzione che avrebbero seguito.
Secondo la concezione di Emma, i fiori erano il cuore del matrimonio.
Che fossero eleganti o divertenti, ricercati o semplici, i fiori rappresentavano il romanticismo.
Il suo lavoro era dare ai clienti tutto il cuore e il romanticismo che desideravano.
Sospirò, si stiracchiò, poi sorrise al vaso di roselline sulla
scrivania. La primavera, pensò, era il meglio. La stagione dei
matrimoni entrava nel vivo... Il che significava giornate indaffarate
e lunghe notti a progettare, disporre, creare, non solo
per i matrimoni di questa primavera, ma anche per la successiva.
Amava la continuità quanto il lavoro stesso.
Ecco quel che Promesse aveva dato a lei e alle sue tre migliori
amiche. Continuità, un lavoro gratificante e quel senso
di realizzazione personale. E lei era finita a giocare con i fiori,
a vivere con i fiori, praticamente a immergersi tra i fiori ogni giorno.
Pensierosa, si osservò le mani, esaminando i piccoli graffi
e i tagli minuscoli. In certi giorni li considerava cicatrici fatte
sul campo di battaglia, in altri medaglie al valore. Quella mattina
desiderò soltanto di essersi ricordata di prenotare una manicure.
Diede uno sguardo all’ora, fece due calcoli. Di nuovo carica,
balzò in piedi. Facendo una deviazione in camera, prese
una felpa scarlatta col cappuccio e la infilò sopra il pigiama.
C’era abbastanza tempo per passare dall’edificio principale
prima di vestirsi e prepararsi per la giornata. Lì la signora Grady
avrebbe preparato la colazione, così Emma non avrebbe
dovuto frugare in tutta casa per cucinarsi qualcosa da sola.
La sua vita, pensò mentre scendeva le scale saltellando, era piena di squisiti privilegi.
Attraversò il soggiorno che utilizzava come reception e sala
di consulenza e si guardò rapidamente attorno mentre si
dirigeva alla porta. Avrebbe cambiato l’acqua ai fiori in esposizione
in tempo per il primo appuntamento della giornata,
ma oh, quei Lilium orientalis non si erano aperti meravigliosamente?
Uscì da quello che era stato l’alloggio per gli ospiti di villa
Brown e che ora era la sua casa e la base operativa di Bouquet,
la sezione di Promesse gestita da lei.
Respirò a fondo l’aria primaverile. E tremò.
Accidenti, perché non poteva fare un po’ più caldo? Era
aprile, per l’amor di dio. Era il tempo delle giunchiglie. Com’erano
allegre le viole del pensiero che aveva piantato nei
vasi. Si rifiutava di permettere a una giornata gelida – e, okay, a dirla tutta stava cominciando anche a piovigginare – di rovinarle l’umore.
Si strinse nella felpa, infilò la mano che non reggeva la tazza
di caffè in tasca e cominciò a camminare in direzione dell’edificio principale.
Le cose stavano tornando a prendere vita intorno a lei, ricordò a sé stessa. Se si guardava attentamente, si riusciva a scorgere la promessa del verde sugli alberi, l’indizio della delicata
fioritura del corniolo e del ciliegio. Quelle giunchiglie
volevano sbocciare, e i fiori di zafferano selvatico lo avevano
già fatto. Forse ci sarebbe stata un’altra nevicata primaverile,
ma il peggio era passato.
Presto sarebbe giunto il momento di sporcarsi le mani, di
portare alcune delle sue meraviglie fuori dalla serra e metterle
in mostra. Lei si occupava di bouquet, festoni e ghirlande,
ma niente superava madre natura nel fornire il più struggente
scenario per un matrimonio.
E niente, secondo lei, batteva villa Brown nel valorizzare tale scenario.
I giardini, il pezzo forte persino adesso, presto sarebbero
esplosi di colori, boccioli, profumi, invitando le persone a gironzolare
per i sentieri sinuosi e a sedersi su una panchina, a
rilassarsi al sole o all’ombra. Parker aveva incaricato lei – così
come dava incarichi a chiunque altro – di occuparsene,
quindi ogni anno si trovava a giocare, a piantare qualcosa di
nuovo, o a supervisionare la squadra di tecnici del paesaggio.
Le terrazze e i patii creavano dei deliziosi spazi utili all’aperto,
perfetti per matrimoni ed eventi... ricevimenti in piscina,
ricevimenti in terrazza, cerimonie nel roseto o sotto il
pergolato, o magari vicino al laghetto all’ombra di un salice.
Abbiamo ogni possibilità, pensò.
E la casa? C’era qualcosa di più elegante, di più bello? Il
meraviglioso blu tenue, quei caldi tocchi di giallo e crema,
tutti i vari profili del tetto, le finestre ad arco, le balconate in ferro battuto contribuivano a creare quel fascino raffinato. E poi il portico d’entrata sembrava fatto apposta per essere affollato
da vegetazione lussureggiante o da tessuti e colori complessi.
Da bambina aveva sempre pensato a quel posto come al
regno delle fate, con tanto di castello.
Ora era casa sua.
Girò in direzione della dépendance accanto alla piscina dove
la sua socia Mac viveva e gestiva il proprio studio fotografico.
Proprio mentre stava per afferrare la maniglia, la porta si
aprì. Emma sorrise, fece un cenno all’uomo allampanato con
i capelli spettinati e la giacca di tweed che stava uscendo.
«Buongiorno, Carter!»
«Ciao, Emma.»
La famiglia di Carter e la sua si frequentavano da che aveva
memoria. Ora Carter Maguire, ex docente di Yale e insegnate
di letteratura inglese nel liceo che avevano frequentato
da ragazzi, era fidanzato con una delle migliori amiche che avesse al mondo.
La vita non era semplicemente bella, pensò Emma. Era un dannato letto di rose.
Con quel pensiero in mente, non poté far altro che raggiungere
Carter a passo di danza, tirarlo per i risvolti della giacca
mentre si alzava in punta di piedi per dargli un sonoro bacio.
«Wow» disse lui, arrossendo leggermente.
«Ehi.» Mackensie, gli occhi assonnati, la massa di capelli
rossi luminosi nell’oscurità, si appoggiò allo stipite della porta.
«Ci stai provando con il mio ragazzo?»
«Magari. Te lo ruberei, ma tu l’hai sedotto e ammaliato.»
«Hai assolutamente ragione.»
«Bene.» Carter offrì a entrambe un sorriso confuso. «Questo
è davvero un ottimo inizio per la mia giornata. La riunione
dei docenti cui devo partecipare non sarà divertente nemmeno la metà di così.»
«Datti malato.» Mac abbassò il tono della voce con fare seduttivo.
«Ti darò io qualcosa di divertente.»
«Ah. Bene. Comunque... ciao.»
Emma sorrise guardandolo precipitarsi verso la macchina.
«È così carino.»
«Proprio così.»
«Ma guardati, Ragazza Felice.»
«Fidanzata Felice. Vuoi vedere di nuovo il mio anello?»
«Oooh» fece d’obbligo Emma mentre Mac sventolava le dita. «Aaah.»
«Stai andando a fare colazione?»
«Questo è il mio piano.»
«Aspetta.» Mac entrò un attimo, prese una giacca, poi si
chiuse la porta alle spalle. «Non ho nient’altro di pronto a parte il caffè, quindi...» Mentre scendevano insieme i gradini,
Mac aggrottò la fronte. «Quella è la mia tazza.»
«La vuoi indietro adesso?»
«Io lo so perché sono felice in questa merdosa mattina, ed
è la stessa ragione per cui non ho avuto tempo di fare colazione.
Si chiama ‘facciamo la doccia insieme’.»
«Ragazza Felice e anche Stronza Fanfarona.»
«E ne sono orgogliosa. Perché sei così allegra? Hai un uomo in casa?»
«Purtroppo no. Ma ho cinque consulenze questa mattina.
Il che è un modo grandioso di iniziare la settimana, e segue la scia della deliziosa conclusione della settimana scorsa, con il tè della cerimonia di ieri.»
«La nostra coppia di sessantenni che si è scambiata le promesse e ha festeggiato circondata dai figli di lui, quelli di lei e i nipotini. Non è stato solo dolce, ma rassicurante. Era la seconda
volta per entrambi, eppure eccoli lì, pronti a farlo di nuovo, spinti dal desiderio di condivisione e unione. Ho fatto degli scatti davvero belli. Comunque, credo che quei pazzerelli
ce la faranno.»
«Aproposito di pazzerelli, dobbiamo davvero cominciare
a parlare dei fiori per te. Dicembre sarà anche lontano,» disse rabbrividendo «ma arriverà in un baleno, come ben sai.»
«Non ho nemmeno deciso il tono della foto di fidanzamento.
Né dato un’occhiata ai vestiti, o scelto i colori.»
«Io sono fantastica nei toni delle pietre preziose» disse Emma con uno sfarfallio delle ciglia.
«Tu sei fantastica anche con addosso un sacco. Aproposito
di stronze fanfarone.» Mac aprì la porta che dava nello spogliatoio
e, poiché la signora Grady era tornata dalla sua vacanza invernale, ricordò di pulirsi i piedi. «Non appena troverò il vestito, discuteremo di tutto il resto.»
«Sei la prima tra noi a sposarsi. E a celebrare il matrimonio qui.»
«Già. Sarà interessante vedere come faremo a occuparci
del matrimonio e a parteciparvi allo stesso tempo.»
«Sai che puoi contare su Parker per la logistica. Se c’è qualcuno
che può far andare tutto liscio, quella è Parker.»
Entrarono in cucina, e nel bel mezzo del caos.
Mentre la sempre equilibrata Maureen Grady lavorava ai
fornelli, con movimenti efficienti e viso sereno, Parker e Laurel
si affrontavano da una parte all’altra della stanza.
«Bisogna fare così» insisté Parker.
«Stronzate, stronzate, stronzate.»
«Laurel, questi sono affari. Negli affari bisogna servire i clienti.»
«Lascia che ti dica cosa vorrei servire alla cliente.»
«Adesso smettila.» Parker, i folti capelli castani raccolti in
una coda, indossava già un completo blu notte in previsione
dell’incontro con i clienti. «Ascolta, ho già compilato una lista
con le sue scelte, il numero degli invitati, i suoi colori, le selezioni
floreali. Non dovrai neanche parlarle. Farò io da intermediario.»
«Adesso lascia che ti dica cosa puoi farci con la tua lista.»
«La sposa...»
«La sposa è una testa di cazzo. La sposa è un’idiota, una
stronzetta piagnucolosa che ha fatto ben presente quasi un
anno fa che non avrebbe avuto né il bisogno né il desiderio di
servirsi dei miei particolari servigi. La sposa può baciarmi le
chiappe, che saranno tutto ciò che di mio avvicinerà alla bocca,
perché non mangerà niente preparato da me ora che si è
resa conto della propria stupidità.»
Con addosso pantaloni di cotone e canottiera che usava
per dormire, i capelli ancora spettinati, Laurel si lasciò cadere
su una sedia nell’angolo della colazione.
«Devi calmarti adesso.» Parker si chinò per prendere una
cartellina. Probabilmente gettata a terra da Laurel, pensò Emma.
«Tutto quello che ti serve è qui.» Parker posò la cartellina
sul tavolo. «Ho già assicurato alla sposa che esaudiremo le
sue richieste, quindi...»
«Quindi disegnerai e preparerai una torta di nozze di quattro
strati tra adesso e sabato, e una torta dello sposo, e una selezione
di dessert. Per duecento persone. E lo farai senza esserti
preparata in precedenza e con tre eventi nel week-end e
un evento serale nel giro di tre giorni.»
Con il viso mutato in un’espressione ribelle, Laurel prese la
cartellina e la fece scivolare deliberatamente sul pavimento.
«Adesso ti stai comportando come una bambina.»
«Bene. Sono una bambina.»
«Ragazze, le vostre amichette sono venute a giocare» cantilenò
la signora Grady, in tono eccessivamente dolce, gli occhi che ridevano.
«Oh, sento la mamma che mi chiama» disse Emma e fece per uscire dalla stanza.
«No, non ci provare!» Laurel scattò in piedi. «Senti questa.
Il matrimonio Folk-Harrigan. Sabato, evento serale. Ricorderai,
ne sono certa, come la sposa abbia storto il naso al solo
pensiero che Delizie di Promesse provvedesse alla torta o a
uno qualsiasi dei dessert. Come ha schernito me e i miei suggerimenti e ha ribadito che sua cugina, chef pasticcere a New York che ha studiato a Parigi e ha disegnato torte per occasioni
importanti
«Ti ricordi cosa mi ha detto?»
«Ah.» Emma si spostò leggermente perché il dito di Laurel
puntava dritto al suo cuore. «Non le parole esatte.»
«Be’, io sì. Ha detto che era sicura – e lo ha detto con quel
tono di scherno – che era sicura che potessi occuparmi discretamente
della maggior parte delle occasioni, ma che lei voleva
il meglio per il proprio matrimonio. Me lo ha detto in faccia.»
«Scortese da parte sua, senza dubbio» cominciò Parker.
«Non ho finito» disse Laurel a denti stretti. «Ora, all’ultimo
momento, sembra che la geniale cugina sia scappata con
uno dei propri clienti. Scandalo, scandalo, visto che il suddetto
cliente le aveva commissionato la torta per il suo fidanzamento.
Adesso questi due sono spariti e la sposa vuole che
subentri io e salvi il suo grande giorno.»
«Il che è quello che faremo. Laurel...»
«Non lo sto chiedendo a te.» Le dita puntate su Parker si spostarono
a indicare Mac ed Emma. «Lo sto chiedendo a loro.»
«Che? Hai detto qualcosa?» Mac offrì un sorriso tutto denti.
«Scusa, dev’essermi rimasta dell’acqua nelle orecchie dopo la doccia. Non ho sentito una parola.»
«Vigliacca. Em?»
«Colazione!» La signora Grady girò un dito per aria. «Tutte a tavola. Omelette di chiare d’uovo su pane di segale tostato. Sedete, su. Mangiate.»
«Non mangerò finché...»
«Sediamoci.» Interrompendo l’ennesima filippica di Laurel,
Emma cercò un tono conciliante. «Dammi un minuto per pensare. Sediamoci tutte quante e... oh, signora G, sembra favoloso.» Afferrò due piatti, usandoli come scudi si diresse di
corsa verso l’angolo della colazione. «Ricordiamoci che siamo una squadra» esordì.
«Non sei tu quella insultata e sommersa di lavoro.»
«In realtà, sì. O almeno lo sono stata. Whitney Folk è il primo
esemplare certificato di Spozilla della storia. Potrei riferirvi
gli incubi personali che ho avuto con lei. Ma questa è una storia per un altro giorno.»
«Ne ho qualcuna anch’io» si inserì Mac.
«Così hai riacquistato l’udito» borbottò Laurel.
«È scortese, pretenziosa, viziata, difficile e sgradevole»
continuò Emma. «Di solito quando pianifichiamo un evento,
persino con i problemi che possono insorgere e le comuni
stranezze di certe coppie, mi piace pensare che li stiamo aiutando
a delineare un giorno che darà inizio al loro ‘per sempre
felici e contenti’. Con questa qui? Mi sorprenderei se durasse
due anni. È stata scortese con te, e non credo si trattasse
di scherno, ma di compiacimento. Non mi piace.»
Ovviamente inorgoglita dal sostegno ricevuto, Laurel mostrò
la propria soddisfazione a Parker, poi cominciò a mangiare.
«Detto questo, siamo una squadra. E i clienti, anche le stronzette
compiaciute, devono essere serviti. Questi sono buoni
motivi per farlo» disse Emma mentre Laurel le metteva il broncio.
«Ma ce n’è uno più importante. Farai vedere a quel suo culo
piatto, secco, scortese e compiaciuto cosa può fare uno chef
pasticcere davvero geniale, e per di più sotto pressione.»
«Questa l’ha già usata Parker.»
«Oh.» Emma tagliò una fettina sottile della propria omelette.
«Be’, è la verità.»
«Potrei cuocermi al forno anche quella mangiauomini di sua cugina.»
«Senza dubbio. Personalmente, credo che dovrebbe strisciare, almeno un po’.»
«Se strisciasse mi andrebbe bene» considerò Laurel. «E anche se implorasse.»
«Dovrei essere in grado di fornire un po’di entrambe le cose.» Parker sollevò il proprio caffè. «Inoltre l’ho informata che per soddisfarla con così poco preavviso dovremmo applicare
una penale. Le ho aggiunto il venticinque percento. Ha accettato
come se si trattasse di un’ancora di salvezza, e in realtà ha pianto di gratitudine.»
Una nuova luce balenò negli occhi viola di Laurel. «Ha pianto?»
Parker piegò il capo e alzò un sopracciglio rivolta a Laurel.
«Allora?»
«Anche se la storia del pianto mi scalda il cuore, dovrà comunque
accettare quello che le darò e farselo piacere.»
«Assolutamente.»
«Devi solo informarmi di cosa decidi o quando lo decidi»
le disse Emma. «Preparerò i fiori e le decorazioni per la tavola.»
Diede un’occhiata comprensiva a Parker. «Ache ora ti ha chiamato per dirti tutto questo?»
«Stanotte alle tre e venti.»
Laurel diede un buffetto sulla mano di Parker. «Scusami.»
«Questa è la parte di lavoro che spetta a me. Ce la faremo. Ce la facciamo sempre.»
Ce la facevano sempre, pensò Emma mentre cambiava
l’acqua ai fiori nel soggiorno. Era certa che sarebbe sempre
stato così. Diede uno sguardo alla foto che conservava in una
semplice cornice bianca, e che ritraeva tre bambine che giocavano
a ‘Matrimonio’ in un giardino d’estate. Quel giorno aveva fatto la sposa e aveva tenuto il bouquet di erbacce e fiori selvatici, aveva indossato il velo di pizzo. Ed era stata incantata
e deliziata quanto le amiche quando la farfalla blu si
era posata sul dente di leone del suo bouquet.
Anche Mac era lì, naturalmente. Dietro la macchina fotografica,
a immortalare quel momento. Considerava un miracolo
non da poco che avessero trasformato il fantasioso gioco
della loro infanzia in una florida società.
Niente più denti di leone adesso, pensò mentre sprimacciava
i cuscini. Ma quante volte aveva visto lo stesso sguardo
deliziato e incantato sul viso di una sposa quando le offriva
un bouquet studiato appositamente per lei. Solo per lei.
Sperò che l’incontro che stava per iniziare alla fine si risolvesse
la primavera successiva con lo stesso sguardo incantato
sul volto della sposa.
Sistemò le sue cartelline, i suoi album, i suoi libri, poi si diresse
allo specchio per controllare capelli, trucco e la linea del
completo pantalone che aveva indossato.
La presentazione, pensò, è una priorità per Promesse.
Si allontanò dallo specchio per rispondere al telefono:
«Bouquet di Promesse. Sì, ciao, Roseanne, certo che mi ricordo
di te. Matrimonio in ottobre, giusto? No, non è troppo presto per prendere queste decisioni.»
Mentre parlava, Emma prese l’agenda dalla scrivania e la
aprì. «Possiamo organizzare una consulenza la prossima settimana,
se per te va bene. Puoi portare una foto del vestito?
Grandioso. E hai già scelto gli abiti per le damigelle, o i loro colori?
Mmh-mmh. Ti aiuterò io per ogni cosa. Che ne dici di lunedì alle due?»
Segnò l’appuntamento, poi guardò sopra la propria spalla quando sentì l’auto avvicinarsi.
Una cliente al telefono, un’altra alla porta.
Quanto amava la primavera!
Emma mostrò all’ultima cliente della giornata l’area di
esposizione in cui teneva composizioni con la seta e bouquet,
insieme ad altri modelli sui tavoli e sugli scaffali.
«Questo l’ho preparato quando mi hai mandato l’email
con la foto del tuo abito e l’idea base dei tuoi colori e fiori preferiti.
So che mi avevi detto che preferivi un grande bouquet a cascata, ma...»
Emma prese dallo scaffale il bouquet di rose e lilium legato con un nastro di seta bianco tempestato di perle. «Volevo soltanto che vedessi questo prima di prendere una decisione
definitiva.»
«È bellissimo, e in più sono i miei fiori preferiti. Ma non sembra, non so, grande abbastanza.»
«Con la foggia del tuo vestito, la linea della gonna e la
splendida decorazione di perline del corpetto, il bouquet più
contemporaneo potrebbe stridere un po’. Voglio che tu abbia
esattamente ciò che desideri, Miranda. Questo modello è più
vicino a quello che avevi in mente.»
Emma prese un bouquet a cascata dallo scaffale.
«Oh, è come un giardino!»
«Sì, è vero. Lascia che ti mostri un paio di foto.» Aprì il raccoglitore
sul bancone, ne tirò fuori due.
«È il mio vestito! Con i due bouquet.»
«La mia socia, Mac, fa magie con Photoshop. Queste ti
danno un’idea piuttosto precisa di come ogni stile risulti con
il tuo abito. Non c’è una scelta sbagliata. È il tuo giorno, e ogni
dettaglio deve essere esattamente come desideri.»
«Però hai ragione tu, vero?» Miranda studiò entrambe le
foto. «Quello grande in un certo senso, be’, mette in ombra il
vestito. Ma l’altro, sembra proprio fatto apposta. È raffinato,
ma pur sempre romantico. È romantico, no?»
«Direi di sì. I lilium, con quel tocco di rosa, contrastano con
le rose bianche e il pizzico di verde chiaro. La trama del nastro
bianco, il bagliore delle perle. Ho pensato, se la cosa ti piace,
che potremmo usare solo i lilium per le tue damigelle, forse
con il nastro rosa.»
«Credo...» Miranda portò il modello di bouquet davanti allo
specchio orientabile vecchio stile posizionato nell’angolo
della stanza. Il sorriso le sbocciò come un fiore sul viso mentre
studiava la propria immagine. «Credo che sembri fatto da
una fata davvero molto creativa. E lo adoro.»
Emma ne prese nota sul suo taccuino. «Ne sono lieta. Lavoreremo a partire dai bouquet. Metterò dei vasi trasparenti sul tavolo principale, così i bouquet non solo resteranno freschi,
ma serviranno anche come elemento decorativo durante
il ricevimento. Ora, per il lancio del bouquet stavo pensando
alle sole rose bianche, in formato più piccolo di questo.»
Emma prese un altro modello. «Legate con nastri bianchi e rosa.»
«Sarebbe perfetto. Si sta rivelando tutto più semplice di
quanto pensassi.»
Compiaciuta, Emma prese un altro appunto. «I fiori sono
importanti, ma devono anche essere divertenti. Non ci sono
scelte sbagliate, ricordalo. Da tutto quello che mi hai detto, vedo
‘romantico moderno’come stile del matrimonio.»
«Sì, è esattamente quello che cerco.»
«La tua nipotina, la prima damigella, ha cinque anni, giusto?»
«Li ha compiuti proprio il mese scorso. È davvero eccitata
al pensiero di spargere i petali di rosa lungo la navata.»
«Ci scommetto.» Emma cancellò dalla propria lista mentale
l’idea di un pomander. «Potremmo usare questo cesto stilizzato,
rivestito di satin bianco, decorato con roselline, circondato
anch’esso di nastri rosa e bianchi. Potremmo farle
un’aureola, sempre di roselline bianche e rosa. Dipende dal
vestitino, e da quello che ti piace, possiamo mantenerlo sul
semplice oppure potremmo far scendere dei nastri lungo la schiena.»
«I nastri, assolutamente. È proprio civettuola. Sarà elettrizzata
all’idea.» Miranda prese l’aureola che Emma le stava porgendo.
«Oh, Emma. Sembra una coroncina! Da principessa.»
«Esattamente.» Quando Miranda la sollevò per metterla
sulla propria testa, Emma rise. «Una bambina di cinque anni
sarà in estasi. E tu sarai per sempre la sua zia preferita.»
«Sarà un amore. Sì, sì, a tutto. Cesto, aureola, nastri, rose, colori.»
«Grandioso. Mi stai rendendo facile il lavoro. Ora pensiamo alle madri e alle nonne. Potremmo fare dei corsage, al polso o appuntati su una spalla, usando rose o lilium o entrambi. Ma...»
Sorridendo, Miranda posò di nuovo l’aureola. «Ogni volta
che dici ‘ma’si tratta di un’idea fantastica. Quindi, ma?»
«Pensavo che potremmo rispolverare il classico tussymussy.»
«Non ho idea di cosa sia.»
«È un piccolo bouquet, come questo, inserito in un piccolo
contenitore per mantenere i fiori freschi. Potremmo sistemare
dei sostegni ai loro tavoli, sempre a scopo decorativo,
solo un po’ più degli altri. Potremmo usare lilium e rose, in
miniatura, ma forse invertendo i colori. Rose rosa, lilium
bianchi, il solito tocco verde chiaro. Oppure, se non si accompagnano
ai loro vestiti, tutto bianco. Piccoli, non troppo delicati.
Io userei qualcosa come questo in argento, niente di troppo
elaborato. Poi potremmo farli incidere con la data delle
nozze, o i vostri nomi, i loro nomi.»
«È come se avessero i loro bouquet. Come se fossero una
miniatura del mio. Mia madre...»
Quando gli occhi di Miranda si inumidirono, Emma si
sporse per prendere la scatola di fazzolettini che teneva a portata
di mano.
«Grazie. Li voglio. Devo pensare ai monogrammi. Mi piacerebbe
discuterne con Brian.»
«Abbiamo tutto il tempo.»
«Ma li voglio. Il contrario del mio, credo, perché così sono
più personali. Resterò seduta qui per un minuto.»
Emma andò a sedersi con lei, mise i fazzoletti in un punto
accessibile per Miranda. «Sarà bellissimo.»
«Lo so. Lo vedo. Riesco già a vederlo, e non abbiamo ancora
cominciato con le decorazioni e i centrotavola e, oh, tutto
il resto. Ma riesco a vederlo. Devo dirti una cosa.»
«Certamente.»
«Mia sorella, la mia... damigella d’onore? Mi ha davvero
fatto pressione perché ci affidassimo a Felfoot. È sempre stato
il
«È favoloso, e fanno sempre un ottimo lavoro.»
«Ma Brian e io ci siamo innamorati di questo posto. L’aspetto,
l’atmosfera, il modo in cui voi quattro lavorate insieme. Ci
è sembrato adatto a noi. Ogni volta che vengo qui, o che incontro
una di voi, so che avevamo ragione. Avremo il più
splendido dei matrimoni. Mi dispiace» disse, asciugandosi di
nuovo gli occhi.
«Non devi.» Emma prese un fazzolettino per sé. «Sono lusingata,
e niente mi rende più felice dell’avere una sposa seduta
qui a piangere lacrime di gioia. Che ne dici di un bicchiere
di champagne per alleggerire un po’ le cose prima di
cominciare con le boutonnière?»
«Davvero? Emmaline, se non fossi innamorata pazza di
Brian, chiederei a te di sposarmi.»
Con una risata, Emma si alzò. «Torno subito.»
Più tardi, Emma salutò l’eccitatissima sposa e, moderatamente
esausta, si sistemò nel proprio ufficio con un bricco di
caffè. Miranda aveva ragione, pensò mentre registrava tutti i
dettagli. Avrebbe avuto il più splendido dei matrimoni. Una
marea di fiori, un’atmosfera contemporanea con tocchi di romanticismo.
Candele e lo splendore, e il luccichio di nastri e
velo. Rosa e bianco con una punta di blu e verde a fare da contrasto.
Argento brillante e vetro trasparente per dare risalto.
Linee lunghe e la stravaganza delle luci.
Mentre preparava un contratto particolareggiato, si congratulò
con sé stessa per la giornata molto produttiva. E poiché
avrebbe trascorso la maggior parte di quella successiva
lavorando ai preparativi del loro evento serale di metà settimana,
considerò l’idea di andare a letto presto.
Avrebbe resistito alla tentazione di andare a vedere cos’aveva cucinato per cena la signora G, si sarebbe preparata un’insalata, magari un po’di pasta. Si sarebbe accoccolata sul
divano con un film o una pila di riviste, avrebbe chiamato sua
madre. Sarebbe riuscita a fare tutto, a trascorrere una serata
rilassante e a essere a letto per le undici.
Mentre correggeva la bozza del contratto, il telefono emise
i due squilli ravvicinati che segnalavano la sua linea personale.
Controllò il display, sorrise.
«Ciao, Sam.»
«Ciao, bellissima. Che ci fai a casa quando dovresti essere
fuori con me?»
«Sto lavorando.»
«Sono le sei passate. Molla tutto, tesoro. Adam e Vicki danno
una festa. Potremmo mangiare qualcosa insieme prima.
Ti passo a prendere tra un’ora.»
«Ehi, calma. Ho detto a Vicki che questa sera proprio non
mi andava bene. Ho avuto una giornata piena oggi, e ne avrò
ancora per un’ora prima di...»
«Dovrai pur mangiare, no? E se hai lavorato tutto il giorno,
meriti un po’di svago. Vieni a divertirti con me.»
«È carino da parte tua, ma...»
«Non farmi andare alla festa da solo. Facciamo un salto lì,
beviamo qualcosa, un paio di risate, ce ne andiamo quando
ci pare. Non spezzarmi il cuore, Emma.»
Gettò uno sguardo al soffitto e vide il suo piano per una serata
di relax andare in fumo. «Non ce la faccio per cena, ma
possiamo vederci lì per le otto.»
«Ti passo a prendere alle otto.»
E poi farai di tutto per entrare quando mi riaccompagnerai
a casa, pensò. E questo non succederà. «Ci vediamo là. Così
se io me ne devo andare e tu vuoi restare a divertirti, puoi
farlo.»
«Se questo è il massimo che riesco a ottenere, ci sto. Ci vediamo là.»posto a Greenwich, lo sai, ed è bellissimo.», si sarebbe occupata di tutti i dolci.
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