
ROMA – “Non c’è posto al mondo che io ami più della cucina”. Banana Yoshimoto principiò così il suo primo romanzo, il suo capolavoro, Kitchen: uno degli incipit più sfolgoranti della letteratura di tutti i tempi. Ma anche una suprema verità: perché, in genere, non c’è luogo, in una casa, più accogliente della cucina. O, almeno, non c’era. Perché era il luogo del calore umano, delle padelle che sfrigolavano, delle bottiglie di vino che si stappavano, delle confessioni che si confessavano; quando magari i ritmi di vita eran più lenti, certo; quando si aveva tempo di fermarsi e di non costringersi a una corsa perenne.
In alcune società del mondo continua, la cucina, a rivestire questo ruolo di centro umano, di connettore di umanità.
In alcune società del mondo continua, la cucina, a rivestire questo ruolo di centro umano, di connettore di umanità.